mercoledì 26 settembre 2012

L'impronta digitale di Catwoman

Anche i supereroi si preoccupano di non lasciare impronte digitali. E tu?


La sfuggente Catwoman, neppur contando sul proprio elegante e repentino passo felino, è riuscita a non lasciare tracce, nella dimensione digitale, del proprio passaggio . Nel film Il cavaliere oscuro - Il ritorno (The Dark Knight Rises) di Christopher Nolan compare, anche non troppo in sordina, il tema della
storia digitale che ciascuno di noi, non sempre consapevolmente, scrive in quanto cittadino della Società dell'Informazione.
Non serve astenersidall'uso della Rete.....
Attraverso l'uso del tesserino sanitario, del codice fiscale, delle "carte fedeltà" di supermercati, cinema o del bancomat (solo per citare alcuni esempi) tutti noi lasciamo delle impronte dei nostri comportamenti, abitudini, gusti.


Catwoman è disposta ad accettare una serie di importanti compromessi in cambio di uno "smacchiatore (clean slate)", un programma in grado di cancellare l'identità digitale, che le regali la possibilità di scrivere da zero la propria "storia digitale" (in questo caso azzerare la propria fedina penale).
Dimensione virtuale e reale si fondono e si influenzano. Ciò che è traccia digitale, anche se potrebbe essere falso, parla dell'io reale.
Avere la possibilità di riscrivere, magari con maggiore prudenza, la propria impronta digitale sembra possa regalare a Catwoman la possibilità di rinascere, la libertà di compiere scelte diverse, di liberarsi dalla lettera scarlatta impressa sul suo io digitale ed essere "altro".
NuoveTecnologie....un vecchio sogno: poter riscrivere la propria storia
Riecheggia il desiderio pirandelliano del Fu Mattia Pascal, realizzabile attraverso lo "smacchiatore digitale", di poter ricominciare partendo da zero.
É presente l'idea che l'impronta digitale parli di noi, offra agli altri un'immagine di ciò che siamo (o abbiamo mostrato di essere) ed abbia, dunque, il potere di influenzarne (potenzialmente) il giudizio nei nostri confronti. Infondo, agli occhi di chi non ci conosce in profondità, noi siamo ciò che appare di noi stessi.
Risulta evidente come l'impronta digitale, seppur lasciata in una dimensione virtuale, possa influenzare pesantemente la vita reale. Per questo motivo è opportuno educarsi alla consapevolezza che socializzando in Rete foto, video, interventi, o altro stiamo presendando ad un pubblico reale, noto e non noto, amichevole o ostile una parte di noi stessi.
Educare alla cittadinanza digitale: il ruolo della scuola e della famiglia
I Nativi Digitali sono particolarmente esposti al rischio di lasciare impronte digitali di cui potrebbero, un giorno, pentirsi. Ciò che ad un adolescente può apparire divertente (una foto ad una festa, un video in cui confessa la propria insofferenza per lo studio o verso un docente.....e tutto ciò che è tipico di un'età di crescita e sperimentazione) potrebbe, nel futuro, non appartenere al suo "io maturo".
Purtroppo le tracce lasciate non seguono la crescita e l'evoluzione dei soggetti e continuano a raccontare "quel momento". Questo può essere causa non solo di imbarazzo ma anche di difficoltà a collocarsi nel mondo del lavoro, di difficoltà di relazione in genere.

La scuola e la famiglia hanno il compito, senza demonizzare l'uso delle tecnologie, di educare alla consapevolezza delle opportunità e dei rischi di questo tipo di esposizione mediatica.

MINI KIT DI CONSAPEVOLEZZA COMUNICATIVA PER ADOLESCENTI IN RETE
Prima di pubblicare prova a riflettere e cerca di darti una risposta:
                                                      
oggi
- cosa penseranno di me i miei amici?- cosa penseranno di me i miei insegnanti?
- cosa penseranno di me i miei genitori?
- cosa penseranno di me le persone che non mi conoscono personalmente?
domani
- cosa penseranno di me i miei futuri datori di lavoro?
- il post, la foto, il video che sto pubblicando tra 10 anni rappresenterà ancora il mio modo di essere?

Se le risposte che ti sei dato/a rispondono al tuo obiettivo comunicativo.....

clikka e lascia la tua impronta :)


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a cura di Sandra Troia

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Albert Einstein